"La causa coi Zoller de Sappada"

La causa con i Solero di Sappada

Il testo č tratto dal libro "IL DIALETTO DEL COMELICO" di Carlo Tagliavini edito dalla Comunitą Montana del Comelico e Sappada.

La stessa storia č raccolta negli "appunti storici" del Bollettino Parrocchiale di Costalissoio a cura di don Aurelio Frezza e rispecchia una situazione, in parte, vera.  Nella tradizione orale popolare ancora oggi viene ricordata, i racconti si arricchiscono di varianti, ma nella sostanza sono uguali. 

Da tance ane la frazion d Costlisėgn ave n voto da di a Sant' Armagora in Sappada.
Era pievėn un di Zoller e dop la funzion invidea i omin a ceda soa e dadea n goto d vin n tin d pėn e algo da mangč a sta dente e dop tanc ane i partendea al pagamento, e i frazioniste d Costlisėgn, siccome clėre n avea mai ordnņ se inpuntede da n pagą.
Allora i Zoller volea propriese dal bosco de Valbona in Visdende.
Costlisėgn na volł zede e zna riunion chi a avł e dude a vote duce i cap d fameia par vėde s era duce d acordo par entrą in causa a ped i Zoller o par zede la viza.
Un di Folins e un di Pascalon co i a capł c na parte avarą zedł al bosco pitosto c fei la causa parchč chi avč paura di Zoller  che avea n pre  n ceda e era dente istruida, e sdoi a dito che pitosto che zede in cla maniėra chi se asumea lėre privatamente da di ignante.
Alora e stade zitede a Pieve c in clota era s noma la fora la Pretura, ma par paura che i Zoler avės da mną dintorno a fei perde, chel di Pascalon era d inze la stanza a rend conto al pretor e chel di Folins c ave vandł un pai  d boi par le spese, era dante la porta e co e stņ un bėl momento a ciapņ e biciņ fora nischč pugne d sode ze pieza e a dito ai canai  chi cride che Costlisėgn avea rason.
Al pretor d inze, co l a sintł a fei duto sto bordėl d fora a fato tade duce la inze par scoltą che c era;
co l a sintł  c duce quance bagarea che Costlisėgn avea rason e voltņ inze par sti siore (i Zoler)  e a dito: "Sintģ mo c duce d fora crida che Costlisėgn a rason e os dal popol e os d Idio"; ma a condanņ Costlisėgn a pagą n tanto in sode ai Zoler par tranzą duto e cni abia da perde propro duto chel chi avea do.

Lėre avea n tanto d tempo par pagą sta soma, alora i a pensņ da tirč ignante parchč chi avea capł che i sode vece gne ritirede, e d fato lėre e dude inze con un garton e avea ciariņ duce i sode c avea da es ritirede, ma par al dispeto chi avea e partide snoma da maddģ da Costlisėgn in maniera da arvč inze la inze tarde in mėdo che i Zoller era oblighede a tirč fin a medanėte , ma n'avea pģ tempo da dģ a Pieve  a da inze la monėda, in maniėra chi a tirņ inveze d sode tanta fraza.
Al piavėn co l a capł la baronada a dito: " Di la voietre chei da dave na maledizion che Costlisėgn a da gnģ distruta e nei impiantaron la monte di ciavai gno ch ėde voietre la vila (paese).
Alora chėl di Folins a rispondł chinante c lėre  faza la monte di ciavai a Costlisėgn a da gnģ un sambugo sul so querto, e d fato inveze da gni al sambugo sul querto, chi c va a Sapada e spia a sera dal palazo i vėde che inveze da gni al sambugo sul querto e gnł tacņ al muro.
Prautro i vėce vė cla madedizion dal pré abia avł n tin d valor parchč la prima ota chi e dude a taič in Valbona, chėl di Pascalon ca sostgnł la causa zal taič la prima pianta se ciapņ sote e restņ morto; oltre a chesto ogni disgrazia che capita in general a Costlisėgn, con chč sto l fėgo dal tretatrei (1833), e anche chėl dal otanquatro (1884) se vė ch seia causa a chėl.
 

(Narrata dal sig. Luigi Zaccaria detto Folin di 52 anni (nel 194...)

Versione dagli "appunti storici" di don Aurelio Frezza

La "grande causa" con i Solero di Sappada.

La gente di Costalissoio usava andare ogni anno in pellegrinaggio a Sappada il 12 luglio , festivitą dei Santi Ermagora e Fortunato. Vi andava in processione con il Mansionario, i merighi, i cantori eccetera.
Questi ultimi, con i porta-croci e altri inservienti, dopo le sacre funzioni andavano a consumare un pasto in una trattoria, che era di proprietą di un prete di Sappada e di un suo fratello sposato di cognome Solero.
Mangiavano, ma non pagavano. Ciņ doveva essere successo alquante volte; e il conto restava sempre insoluto.
I padroni della trattoria, visto che non riuscivano a farsi pagare dalla Fabbriceria o dalla regola di Costalissoio, fecero porre un'ipoteca sul bosco di Val Bona in Val Visdende.
I Costalissoiesi si vennero a trovare in un bel guaio: non potevano pił sfruttare il bosco e la fame era tanta. Ma che pensano di combinare?
In primo luogo vanno ad individuare un rio, che divide in due il bosco e vi tracciano dei segni di confine, cosģ da far apparire due zone distinte, ad una delle quali danno il nome di Pra Marin, per sottrarla agli effetti dell'ipoteca. Una astuzia che, perņ, doveva servire a poco.
Poi di "contrabbando" cioč di nascosto, andarono nel bosco, e precisamente nella zona detta  Pra Marin e tagliarono piante a pił non posso, "per poter vivere", si giustificheranno poi.
La faccenda trapela e la notizia arriva fino a Sappada. E da Sappada viene fuori a cavallo il prete e, resosi conto di quanto stava succedendo, attacca processo a Venezia.
Si era sotto l'Austria e gli Austriaci erano severi: a Costalissoio si capģ che si stava correndo serio pericolo.
Allora gli amministratori di Costalissoio, furbi, inviarono a Venezia tre delegati a pregare l'Autoritą che il processo venisse spostato a Pieve di Cadore: perchč essi erano poveri, non avevano neanche da mangiare e non potevano fare viaggi lunghi e dispendiosi. Tanto piansero e pregarono che il processo venne realmente trasferito a Pieve.
Ma con astuzia avevano chiesto tale trasferimento.
Penso che sulla tradizione orale abbia un po' ricamato la fantasia popolare, perchč si dice che, con la "baronada", i delegati di Costalissoio, prima di presentarsi in tribunale, si fossero confessati e avessero fatto testamento, come chi sa di andare incontro alla morte (astuzia anche questa o paura vera?).
Nel contempo perņ si fecero prestare da un Pomarč Montin  L. 700, ricavate,  pochi giorni prima, dalla vendita di un paio di buoi, impegnando un pezzo di fondo. Tale somma poi convertirono in tante monetine che, racchiuse in tanti sacchettini, si portarono dietro, andando per i paesi del Cadore. Avvicinarono la gente, grande e piccola, e distribuirono le monete, perchč i beneficiati andassero davanti al palazzo della Comunitą, il giorno del processo a gridare: Costalissoio ha ragione! Costalissoio ha ragione! E tanto gridassero finchč essi, i delegati, fossero usciti dal palazzo a sentenza pronunciata.
Il che puntualmente avvenne.
Quali ragioni adducessero a loro favore i delegati di Costalissoio, non si sa e non si sa come si sia svolto il processo. Fatto sta che il Tribunale (spaventato dalle grida della piazza?) assolse dall'accusa di aver tagliato piante ipotecate i rappresentanti di Costalissoio, i quali tornarono in paese trionfanti.
Hanno poi pagato i debiti contratti a Sappada?
Non riesco a precisare la data di questo singolare episodio, ma puņ essere collocato nella prima metą del  1800, nell'arco di tempo che dalla caduta di Napoleone (1815) alla prima guerra di indipendenza (1848).

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(...continuiamo il racconto di don Aurelio con la traduzione del finale espressa nella parte in dialetto)

....di gridare: Costalissoio ha ragione!
Il Pretore quando ha sentito queste grida all'esterno, ha zittito tutti per
capire cosa urlassero e poi dichiarņ: sentite che fuori dicono che Costalissoio ha ragione e voce del popolo e voce di Dio.
Ma arrivņ comunque la condanna ad un pagamento in denaro affinché i Solero non avessero da perdere il tutto. Stabilģ un tempo per saldare il debito, ma quelli di Costalissoio, sapendo che a breve sarebbe cambiata la moneta, pensarono bene, ancora una volta, di "gabbare" quelli di Sappada.
Partirono il giorno prima del cambio della moneta, verso mezzogiorno, con un carro, al fine di arrivare sul tardi a Sappada e tanto che questi non potessero pił fare in tempo a portare il denaro a Pieve per il cambio.
Il prete capģ subito l'inganno e disse: andate pure e che vi accompagni la maledizione: che il paese di Costalissoio sia distrutto, ed al suo posto noi faremo un alpeggio per cavalli.
Allora quello dei "Folin" rispose che prima che Costalissoio diventi "una monte" per cavalli sorgerą un sambuco sul suo tetto,
(....il sambuco cresce nei posti abbandonati o trascurati), di fatto tutti quelli che si recarono a Sappada, nei tempi successivi, guardando "a sera" del palazzo videro un sambuco non sul tetto ma comunque sul muro del palazzo.
Pare perņ che a qualcosa sia sortita la maledizione del prete: quando uno dei Pasqualon, quello che aveva sostenuto la causa, andņ in Val Bona per tagliare il bosco, rimase sepolto sotto la prima pianta tagliata.
(La croce esisteva fino a pochi anni fa).
Oltre a questo, ogni disgrazia, in generale, che capitava a Costalissoio come il fuoco del 1833 e del 1884, si ritiene conseguenza di questi fatti.