Pillole di storia del mese di  Novembre 2018

Dal bel libro che la prof. Anna Comis (insegnate a Pieve di Cadore) ha dedicato ai suoi genitori ed al paese di origine: Casada.
Pubblicato nel 2003

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Copiate parti che sono comuni ai nostri paesi.


Dal capitolo "Economia"    ...si legge "Casada" ma vale lo stesso per Costalissoio.

....... seguito del  capitolo pubblicato nel mese di Ottobre....

 

Dal capitolo "Le guerre"...

 

 

Le fonti di sostentamento della popolazione del Comelico e di conseguenza di Casada, prima della grande guerra, si basavano soprattutto sull’allevamento, sullo sfruttamento delle risorse forestali e su una limitata agricoltura. Questo trova conferma anche nella relazione, 20 settembre 1918, stesa dai sindaci e dai parroci dei Comuni del Comelico ed inviata All’I. R. Comando Gruppo Belluno. “...Nel Comelico, per la sua posizione altimetrica e accidentata di piccoli piani, di valli e rive; per gli alti monti rocciosi e nudi che la circondano; per la natura stessa del terreno formato di ghiaie e di sedimenti; per la brevità della buona stagione che si apre in maggio e si chiude in ottobre, i prodotti del suolo, in derrate, sono molto limitati e scarsi: poca è la campagna coltivabile; incalcolabile o nulla la coltivazione del granoturco e dei fagioli; pochissimi i campi a frumento e a segala; un po’ più estesa la semina delle patate; in complesso tali derrate possono bastare tutto al più per il vitto della popolazione per tre mesi all’anno. I prodotti principali del luogo sono: a) Il foraggio, mercé il quale era florida la pastorizia, l’allevamento del bestiame e l’industria casearia; ogni piccola borgata teneva aperta una latteria sociale, ove venivano confezionati i prodotti latticini, formaggio, burro, ricotta i quali unitamente al commercio del bestiame, erano fonte di guadagno e formavano la principale risorsa delle famiglie private; b) La merce legnosa da commercio, ricavata dai boschi di piante conifere, mediante il taglio annuale che praticavano i Comuni fruttavano le entrate con le quali i Comuni, oltre a sopperire alle spese dei loro bilanci, supplivano alle deficienze delle famiglie, mediante elargizioni di somme per beneficenza ai poveri, forniture di generi di vitto alla generalità della popolazione e davano pure occupazione agli operai boscaioli, che generalmente vi attendevano alternativamente ai lavori, di campagna, prima e dopo la falciatura del fieno. In tal modo, con tali risorse, e mercé altri lavori che abbondavano, le famiglie vivevano quasi agiatamente, provvedendo dalla pianura e dai luoghi di produzione i generi che non produce la campagna locale, come il granoturco, il frumento, il riso, ecc.”. Le condizioni di vita della popolazione inevitabilmente con la guerra del ’15-18 peggiorarono. Gli uomini ed i giovani furono chiamati sotto le armi; rimasero in paese solo vecchi, donne e bambini che, da soli, si trovarono a dover svolgere tutti i lavori inerenti l’allevamento e l’agricoltura.

La situazione si fece ancora più critica nel novembre 1917, dopo la ritirata di Caporetto. Alla popolazione in seguito ad un ordine dell’Autorità militare italiana fu imposto di abbandonare la propria casa ed i propri beni. I primi partiti riuscirono ad arrivare a Calalzo, prendere il treno “tradotta” ed andare profughi; ad esempio la famiglia di mia nonna Annunziata in provincia di Ferrara presso una famiglia di contadini. Parte degli abitanti di Ca-sada che erano partiti successivamente ai precedenti, arrivati a Calalzo giunsero troppo tardi per prendere la “tradotta” e dovettero rimanere nei comuni del distretto di Pieve, molti a Nebbiù, come mia nonna Graziosa, paese di origine del Mansionario don Zoppa: anch’egli aveva dovuto abbandonare Casada. Nel periodo in cui i profughi rimasero lontani i loro campi e prati in Comelico vennero lavorati da coloro che non avevano potuto partire come è testimoniato dal documento.

Altri dovettero rimanere in paese e dar fondo a tutti i risparmi fatti prima dell’occupazione e privarsi anche di biancheria, di capi di vestiario, di ori, di argenti, di rame e di quanto potevano dare in cambio di generi alimentari. Cibo che “gli individui sani d’ambo i sessi, quali pellegrini erranti, sfidando l’imperversare del tempo, affrontando la neve, il gelo e le intemperie, per sentieri pericolosi e valicando montagne” si procuravano recandosi nel Friuli, soprattutto nella Carnia. Ad immiserire maggiormente la popolazione contribuirono anche le requisizioni operate dall’esercito di animali bovini e da tiro, di foraggi, di lana e per le quali non venne effettuato alcun pagamento.

....segue...