Tratto dal libro "GUERRA E RESISTENZA IN CADORE" di Walter Musizza e Giovanni De Donà
(Capitolo "Gli avvenimenti dell'agosto 1944 e l'arrivo del capitano Hall")
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...siamo nel 1944 - estratto che riguarda il nostro Comelico...
.....SEGUE DA MESE DI gennaio 2016
Continua .......
..... una relazione dettagliata sui fatti e che gli abusi consistevano in
"azioni personali" condotte a Lorenzago e dintorni. problema della disciplina
interna si aggiungeva quello, ormai noto e sofferto, dei rapporti coi carnici,
ai quali venivano imputati in Comelico Superiore notevoli soprusi, che finivano
col gettare discredito su tutta la "Calvi", ritenuta spesso responsabile, almeno
indiretta, di tali spiacevoli episodi. A S. Stefano e nei paesi limitrofi si
erano verificati infatti nel mese di agosto numerosi furti ed atti
delinquenziali, la cui paternità esatta spesso non era possibile determinare,
proprio perché in quella zona, così povera ed emarginata, in quel periodo erano
sorte diverse bande costituite da persone talvolta irresponsabili, simpatizzanti
o per i garibaldini o per gli osovani.
La "Calvi" dovette perciò opporsi a tali requisizioni da parte dei carnici, che
non sfruttavano solo le magre risorse del Comelico, ma scendevano perfino in
Centro Cadore attraverso Forcella Scodavacca, arrivando a Domegge, Lozzo e
Vallesella, dove disponevano perfino di un aggancio presso un certo "Masi".
Poiché tale disinvoltura finiva col mettere in cattiva luce l'intero movimento
partigiano, "Calvi" compresa, il Podestà di S. Stefano G. Fontana scriveva al
Commissario Supremo della Provincia di Belluno, chiedendo di poter costituire,
in mancanza di un'autorità in grado di proteggere i cittadini, una "guardia
comunale composta da cittadini volontari ed integerrimi per pattugliare il
paese". Il Commissario Supremo si dichiarò peraltro contrario a tutto ciò
«perché i pattuglianti si sarebbero solo esposti ad essere aggrediti e soppressi
dai partigiani", rammaricandosi che la gioventù "non si fosse presentata con più
sollecitudine ed animazione al C.S.B., perché appunto questa istituzione era
destinata nei singoli paesi a prestare servizio di ordine". Fu necessario
quindi, su richiesta dei valligiani, richiedere l'intervento diretto di "Garbin",
per porre fine a questi atti ritenuti da molti autentico banditismo. Racconta G.
Gallo:
Infatti la popolazione dell'Alto Comelico si lagnava perché una banda di giovani sedicenti partigiani faceva scorrerie nella valle del Piave e del Rio Padola, in Val Visdende e nelle contrade di Costa, Costalta e Costalissoio. "Ne va di mezzo il nostro buon nome - disse Garbin - la dignità, la credibilità della brigata e della nostra lotta. Andate, rimettete le cose a posto con la massima durezza. Non tolleriamo banditi, neanche se si spacciano per "Montes" o per il "Passator cortese": l'unica autorità legittima del Cadore siamo noi." Veramente il nostro governo era a mezzadria coi tedeschi. Loro tenevano il fondovalle e i paesi più grossi da Auronzo a Cortina, noi si comandava nei paesi di mezza costa, da Vinigo a Cibiana, Grea e Rizzios... E, naturalmente, in tutte le montagne. Partimmo dal Tranego, sopra Pozzale, per l'ingrato servizio di polizia e arrivammo, dopo una lunga marcia, al passo di S. Antonio, detto "del Zovo", nei pressi di Danta. (...) E i banditi li catturammo il giorno dopo di sorpresa, all'alba, con una vera azione di guerra. Il maltolto fu restituito alla popolazione. Facemmo ai ragazzi un predicozzo morale, politico e patriottico. Non capirono quasi nulla, tranne che, o venivano con noi, sotto la ferrea disciplina partigiana, o li avremmo fucilati. Fecero la scelta più conveniente, divennero col tempo bravi combattenti.