Pillole di storia del mese di APRILE 2016...

Tratto dal libro "GUERRA E RESISTENZA IN CADORE"

di Walter Musizza e Giovanni De Donà

 

(Capitolo "Gli avvenimenti dall' 1 al 15 settembre '44")

 

 

...siamo nel 1944 - estratto che riguarda il nostro Comelico...

 

.....segue dal mese di marzo 2016

 

Continua   ......

Nel frattempo, il 4 settembre, la "Garibaldi", quasi a voler ribadire la sua sovranità nella zona nord-occidentale, fra Carnia e Cadore, attaccava con uomini del Btg. "Friuli" e del Btg. "Magrini" il pre­sidio tedesco di Sappada, ospitato a "Villa Margareth". Nel corso dell'azione vennero catturati tre tedeschi messi di guardia al Passo Siera, tutti originari di Sesto, dei quali uno poi riuscì a fuggire.

Nello scontro morirono due tedeschi e il Podestà di S. Stefano ricevette l'ordine di mettere a disposizione tre camion per il tra­sporto delle salme in Pusteria. I camion, mentre erano di ritorno da Sappada, fra il ponte sul Cordevole e Presenaio, vennero assaliti, il giorno 5, dagli uomini dell'"Oberdan" e nello scontro fu ucciso un militare della scorta ed altri due rimasero feriti.

I partigiani, informati per tempo sul passaggio sicuro dei mezzi, s'erano appostati fin dalle prime luci del giorno circa 500 metri pri­ma di Presenaio: una squadra sulla scarpata dove oggi c'è il materiale di scarico della miniera di "Salafossa", ed un'altra dalla parte oppo­sta, sopra la strada che allora (e fino all'alluvione del '66) correva sul­la destra orografica del Piave. Luigi Solagna "Fischio" di S. Stefano così ricorda lo scontro:

Non sapevamo con che carico gli automezzi sarebbero transitati, se con truppe, materiali o altro. Per nostra fortuna i camion ritornarono da Sappada con a bordo solamente una dozzina di soldati ed una bara. Noi ci eravamo appostati nel bosco sovrastante e all'arrivo dei tedeschi ci siamo messi a sparare come indiavolati. Uno di noi, Igino De Candido "Bill", da vero irresponsabile, si era piazzato in un tombino a lato della strada e da lì sparava a bruciapelo sui militi, costretti a fermarsi e distanti solo pochi passi.

Va precisato che durante il breve ma intenso scontro a fuoco i tedeschi riuscirono a rifugiarsi in una casa vicina, una vecchia osteria, e si appo­starono al primo piano, incuranti di una famiglia di civili che si trovava al pianterreno. Dopo alcune trattative gli assediati accettarono la resa, pe­raltro con l'onore delle armi: fu permesso infatti al Tenente Comandante del convoglio di tenere la rivoltella col colpo in canna almeno per qualche minuto.

Due di loro erano rimasti feriti ed uno in particolare appariva in fin di vita, gravemente leso al ventre. Li portammo all'albergo "Fabian' a Mare di Campolongo e li deponemmo a letto in due stanze, mentre un Tenente ed un Maresciallo, fatti prigionieri, furono condotti da me ed altri a Costalta. Il Tenente, alto e biondo, era nativo di Colonia, mentre il Maresciallo veniva da Berlino ed era rimasto ferito ad una spalla.

Il cadavere trovato nella bara sul camion fu invece portato a "Cima Confin", presso Forcella Lavardet e là sepolto.

I 12 prigionieri vennero rinchiusi in tre fienili sopra Costalta e successiva­mente trasferiti a Costa di Comelico Superiore nei locali della latteria, pre­cisamente nella stanza destinata alla conservazione del formaggio, dove rimasero parecchi giorni. Una notte uno dei prigionieri fuggì, approfit­tando dell'ingenuità di un sorvegliante di Domegge di appena 17 anni, da poco montato di guardia, e forzando la grata di protezione del gabinetto. Fu dato subito l'allarme e il Comandante Ivo Bergagnin "Bosco" riten­ne necessario spostarsi immediatamente con tutti i prigionieri in altra località. Con un tempo terribile, sotto la pioggia e la neve, in cinque a sorvegliare undici, ci dirigemmo verso Costalta, poi da Campolongo, at­traverso la "Merenderà", salimmo a Razzo ed infine ci sistemammo nella caserma di "Antoia", dove era distaccato il Btg. "Oberdan". Successivamente, passando per Lorenzago, ci siamo portati al nostro campo di prigionia al Mauria, presso "Stabie", ed abbiamo consegna­to i tedeschi a "Ludi", che poi ha provveduto a trasferirli al campo di Ampezzo, sotto la giurisdizione dei carnici, dove peraltro non sarebbero rimasti a lungo. Del prigioniero fuggito non abbiamo mai saputo nulla.