Pillole di storia del mese di Luglio 2018

Dal bel libro che la prof. Anna Comis (insegnate a Pieve di Cadore) ha dedicato ai suoi genitori ed al paese di origine: Casada.
Pubblicato nel 2003

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Copiate parti che sono comuni ai nostri paesi.


Dal capitolo "Economia"    ...si legge "Casada" ma vale lo stesso per Costalissoio.

La scelta del sito del paese di Casada è stata detta senz’altro dalla ne­cessità di usufruire di alcuni piccoli terrazzi del pendio, di sfruttare la durata dell’insolazione, di evitare il pericolo rappresentato nel fondovalle dalle piene del Padola.

La popolazione che vi si stabilì si dedicava alle coltivazioni di segale, avena, orzo, fava, ortaggi soprattutto cappucci e “ravi”, e successivamen­te a grano saraceno (paian), fagioli, patate la cui coltivazione venne in- trodotta nel Comelico nel 1807, inoltre venivano coltivati lino e pochi altri prodotti. “Verso levante - scrisse Don Gio:Batta Barnabò, quella val­le (il Comelico) giace in un sito infelicissimo, di terreno quasi del tutto incolto: quivi poverissima è la campagna, quale non scorgersi ripiena che di segale, orzi, marzole, e di gran copia di legumi, in alcuni luoghi di quella vedesi anco frumento, ma non di quella perfezione che si trova nel resto del Cadore, ma a questa loro mancanza supplisce la gran copia di lattici­ni. che misciati coi loro legumi rendono sazie quelle povere genti che per questo solo oggetto vivono assai più, e dimostrano aspetto civile, e di bel sangue e specialmente le donne”. In primavera, quando era ancora per­messo calpestare l’erba e cioè fino al giorno di San Marco, 25 aprile, soprattutto le donne e i bambini raccoglievano erbe commestibili come ra­dicchi da prato (tarassaco), “dota dona” (selene), “gardilogn”, asparagi sel­vatici, grassola (a detta di chi l’ha conosciuta la mia bisnonna conosceva ben 44 tra erbe commestibili e piante per decotti o tisane curative). Que­sta agricoltura, praticata su piccoli appezzamenti di terreno vicino alle­ntato, è sempre stata un’attività complementare come pure la coltivazione di rari meli, peri, susini, ciliegi “marasche”, ribes “uva spina rossa e nera”. Spesso tali coltivazioni non riuscivano ad arrivare alla giusta ma­turazione per le improvvise gelate, per le estati troppo brevi o piovose e allora la popolazione, per poter sfamarsi, era costretta a ricorrere alla di­stribuzione di granaglie dispensate dalla Regola ed acquistate da essa all’ ingrosso in pianura. Tale pratica è attestata anche nella supplica che la deputazione comunale del Comelico Inferiore rivolse “Al R.° Commissa­rio Distrettuale di Auronzo” il 3 marzo 1830 affinché ripristinasse que­sta antica consuetudine. “...Non solo prima del 1798 in cui ebbe luogo la prima Dominazione Austriaca, pur durante la medesima fino nel 1806, la allora Regola di Casada, come ogni altra, distribuiva a vantaggio parziale delle famiglie i proventi dei boschi, concorrendo coi medesimi e con prestiti a suo carico a riparare ai loro bisogni, disponendo dei divanzi delle sue vendite quando ne esigeva necessità. Questo fatto è notorio. Du­rante il regno italico continuò tale disposizione a vantaggio dei Frazioni­sti stessi e venne ritenuta negli stessi preventivi e consuntivi Comunali, che anzi nella scarsezza allora avvenuta dei prodotti campestri e pur con la combinazione delle angustianti vicende di quei tempi, la frazione di Casada e tutte le altre dedicarono tutti i loro proventi rimasti dal paga­mento delle spese ordinarie d’amministrazione a benefìcio dei frazionisti. Ciò stava in correlazione nell’aver quegli abitanti acquistate nei primi tempi le proprietà, ed all’averle disposte a quella specie di prodotto bo­schivo pel loro sostentamento, poiché la natura del suolo e la posizione non presentavano che quest’unico modo, senza cui non avrebbero potuto cam­pare, ne lo potrebbero ugualmente ove si consideri, che li terreni coltivi so­no pochissimi, e che li terreni boschivi non sarebbero suscettibili di una diversa economia. Anche dopo il 1815 fino al 1819 incluso fu praticato un tale riguardo e con l’esame dei conti segreti e legali di quest’epoca in cui la fame gemea all’estremo si scorge tale verità. Posteriormente gli abi­tanti non percepirono che le scarse mercedi dei lavori e condotte delle ta­glie e rimasero li rivanzi in cassa dei rispettivi esattori comunali, come ri­sulta dagli annuali preventivi e consuntivi presso le superiorità. A causa delle tante privazioni a cui per tale mancanza dovettero sottomettersi le famiglie, molte delle medesime sono decadute e versano nella miseria e nella desolazione, altre dovettero costituirsi in debiti molti e gravi, non po­tendosi rammentare le ipoteche innumerabili di cui sono affette le pro­prietà. Nella deficienza di questo detto mezzo di sostentamento a fronte di qualunque sforzo degli abitanti, riesce loro impossibile difendersi dai bi­sogni della vita”.

Anche il 1864 fu un anno di scarso raccolto. L’ing. Antonio Pante nella sua Relazione del 1865 così scrisse: “Essendo stati scarsissimi ed assolutamente insufficienti ai bisogni della popolazione i prodotti del suolo nel Comune di Comelico Inferiore nell’anno 1864 testé spirato, il Consi­glio Comunale nella seduta del giorno 22 novembre 1864 stabilì di far eseguire vari lavori di pubblico vantaggio (sistemazione strade o di ripari ai boschi) in tutte e quattro le frazioni e con questi dare un mezzo di guadagno ai rispettivi frazionisti onde far fronte alla carestia che sop­portano durante il corrente anno 1865. La spesa da impiegarsi in questi lavori fu prevista a secondo delle forze economiche di ciascuna delle fra­zioni quali hanno redditi propri ed interessi separati. L’importo di Casa­da fu stabilito in F. 1.000...”. In seguito a ciò nei contratti, in quel periodo, era riportata la seguente clausola: “E obbligo dell’appaltatore di im­piegare in tale lavoro ripartitamente ed equamente gli individui tutti del­la Frazione di Casada che vi si volessero prestare e che vi fossero atti, avendo l’autorità autorizzato il Municipio a far eseguire il lavoro propo­sto che ritorna a pubblico vantaggio e che permette di occupare la classe operaia dei Frazionisti che, in mancanza di lavoro e priva di mezzi ne­cessari alla vita per lo scarso prodotto del suolo, si sarebbe altrimenti fat­ta a domandare sussidi”.

Pur necessaria, però, la coltivazione rappresentava solo un’attività complementare poiché il vero pilastro dell’economia della popolazione sono sempre stati lo sfruttamento delle risorse forestali e l’allevamento.

 

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