Nota introduttiva   (Aprile 2020)

Malga Campobon

(Dalla pubblicazione “La civiltà dell’alpeggio” –Le casere del Comelico di Achille Carbogno)

“Sopra la vasta fascia bruna dei boschi sovrastanti i terrazzamenti DELLE VALLATE COMELIANE S’APRONO I PASCOLI ALPINI, “l’affascinante mondo dell’alpe”, ultima frontiera nel RAPPORTO SECOLARE DELL’UOMO ALLEVATORE-PASTORE CON L’ALPEGGIO. Queste estese praterie offrono agli animali una pastura assai sostanziosa, con una ricca gamma di vitamine, proteine, sali e aromi che si concentrano nel latte delle vacche, e da qui in burro e formaggi di incomparabile gusto e sostanza. Su un piano strettamente economico questa peculiare attività stagionale fu certamente una scelta obbligata dei nostri antenati, con lo scopo precipuo di sfruttare l’erba dei pascoli in quota e alimentare così gli animali per un quarto dell’anno, risparmiando prezioso foraggio per il successivo lungo inverno.”

Così  lo storico … Piergiorgio Cesco Frare  - Storia della monte di Visdende:

“Negli anni Venti vennero costruite le casere di Campobon (la prima e la migliore secondo quelli di Costalissoio!), Manzon e Col Chiastellin, evitando di dover salire dai piani di Visdende ai pascoli alti per ridiscendervi nella stessa giornata con grande nocumento per il bestiame che poteva anche perdere il latte per lo sforzo”

Nasce così la Malga Campobon appartenente al patrimonio agricolo della Regola di Costalissoio. (*)

In effetti già quei pascoli erano utilizzati per il pascolo di pecore e capre, era ben distinto il territorio dove queste dovevano alpeggiare (vedi Val da Föde-Valle delle pecore), anche il percorso che dal paese portava a questa destinazione era ben dettagliato evitando che potessero danneggiare prati e boschi.

Il bestiame da latte e manze fino agli anni ’60 partiva da Costalissoio per arrivare in Val Visdende in giornata attraverso forcella Zovo, qui il riposo notturno per recuperare le forze (anche dei proprietari che li accompagnavano), il balzo poi fino alla destinazione a quota 1941 mt..

Il periodo di alpeggio iniziava, salvo complicazioni meteo, da “S.Giovanni” fine Giugno per “smonticare” nella seconda settimana di settembre.

La malga poteva ospitare fino a 140 vacche da latte, per le manze (in genere una quarantina) si usufruiva di altri pascoli in affitto.

Accudivano al pascolo ed alla lavorazione del latte un “Bolco-capo pastore” di grande esperienza, due “Vèide” alle dipendenze, un” aiuto” destinato alla cucina, pulizia stalle e mungitura (tutti assieme), fuochista, il casaro addetto alla trasformazione del latte in: formaggio, burro, ricotta.

Arriva la “modernità”: il bestiame per buona parte del tragitto viene autotrasportato, la malga si raggiunge con mezzi meccanici ma nelle nostre valli arriva la “cultura dell’occhiale”. Meglio la fabbrica, l’agricoltura viene abbandonata e le nostre strutture agricole regoliere destinate all’affitto.

Costituiscono il complesso 4 edifici e ampi pascoli che dal limitare del bosco, lungo i costoni, arrivano alle creste di confine con l’Austria, dove passa il sentiero dell’Alta Via-Traversata Carnica. Domina sulla verticale la Croda Nera che quota mt.2438, passa accanto alla malga la “Strada delle malghe della Val Visdende” per un circuito ad arco di grande valenza turistica.

* ( regoliera/e=Regola Comunione familiare=le Regole: proprietà comune del territorio che si tramanda da oltre un millenio).

Anno 2017

Fine lavori (quasi) a Malga Campobon.

La nostra malga Campobon si rifà il "look".

Non solo aspetto esterno ma anche importanti lavori di manutenzione e adeguamento a norme sanitarie sono in atto. Si fa carico la Regola di Costalissoio, il gestore Cristian Casanova di Costalta con il supporto di alcuni contributi che dovrebbero arrivare dal fondo per le imprese giovanili.
I lavori sono in corso, si tratta degli intonaci e serramenti esterni, illuminazione e adeguamento del "piano alloggio", del caseificio che il gestore intende valorizzare con produzione di latticini, la creazione di un ambiente isolato ricavato presso una corsia della stalla che servirà al deposito latte di mungitura, sistemazione concimaia e porte stalle, ecc..
Prevista a settembre l'inaugurazione che documenteremo sul sito con i lavori completati.
Fa piacere vedere mantenute quelle strutture che sono state il nostro bene primario per secoli ed al giovane gestore l'augurio che non manchi l'entusiasmo che spesso la burocrazia spegne e porti avanti nel tempo uno sviluppo che è importante anche per la nostra comunità.

A metà settembre 2017 i lavori si possono considerarsi conclusi e l'inaugurazione ha portato in quota l' Amministrazione Regoliera, familiari, amici, lavoratori invitati dal gestore Cristian Casanova.

L e immagini documentano i lavori svolti.

"Casera": rifatto l'intonaco, l'imbiancatura, porte e serramenti...
...la zona caseificio presenta macchinari e caldaia a norma igienica...
...scale, pareti, soffitti, illuminazione per l'accesso al piano superiore (alloggio)...
...il legno abbellisce il soffitto...
...nella stalla ad est, destinata al ricovero bestiame da latte, è stato ricavato un locale che le norme igieniche impongono come deposito latte in mungitura...
...deposito latte...
...la stalla ad ovest è destinata a magazzino, le porte presentano solo l'intelaiatura, in arrivo la copertura in legno....
...rifatto bordo e protezione della concimaia...

...storia: ....altra inaugurazione

 ...a fine anni sessanta l'inaugurazione dei lavori eseguiti con contributi agricoli... ...presenti il Sindaco Bressan, il dott. Renzo De Mario, il Parroco di S. Pietro e agricoltori del paese...

anno 2000  Una visita a Malga Campobon 
(La Malga Campobon-anno 2000- ospita circa 170 capi di bestiame (che pascolano anche a Dignas e Cecido). Custodite da una azienda agricola di Lauco-Villa Santina-Carnia, raccoglie il bestiame anche dai paesi vicini. Il bestiame, su automezzi, viene scaricato al bivio di "Londo" e raggiunge per il primo pascolo la Malga Dignas - L'alpeggio dura dai primi di Giugno ai primi di Ottobre. Nel caseificio di Campobon viene lavorato il latte ricavandone: formaggio, burro e ricotta, che si può acquistare in loco.

 "casera-stalle-fienile" sullo sfondo il "Palombino e i "Longiarin"   -  i gestori con i collaboratori
          il   pascolo    ore 17: rientro  
"ognuna al suo posto" pronte per la mungitura  il caseificio: caldaia per il formaggio-ricotta
residuo della lavorazione: il siero       la zangola per il burro e appese le ricotte " a ricordo de Speri ...i Alpine"
     
"Con chel vace era l'nostre" "Quando le vacche erano quelle del paese" Prima monticazione anno 1936. La malga precedende, in legno, si trovava più in  basso, a lato di malga Dignas.
     
"Ricordon la lataria"


Ricordando il caseificio in paese

 

     Estratto  dal libro LA CIVILTÀ DELL'ALPEGGIO

le casère del Comelico
Testo  Achille Carbogno

"Nelle solitarie pietraie, fra le montagne, c’è uno strano mercato: puoi cambiarvi il vortice della vita con una beatitudine senza confini '*

(Milarepa, mistico tibetano dell’ XI0 secolo)

Sopra la vasta fascia bruna dei boschi sovrastanti i terrazzamenti DELLE VALLATE COMELIANE S’APRONO I PASCOLI ALPINI, “l’affascinante mondo dell’alpe”, ultima frontiera nel
RAPPORTO SECOLARE DELL’UOMO ALLEVATORE-PASTORE CON L’ALPEGGIO. Queste estese praterie offrono agli animali una pastura assai sostanziosa, con una ricca gamma di vitamine, proteine, sali e aromi che si concentrano nel latte delle vacche, e da qui in burro e formaggi di incomparabile gusto e sostanza. Su un piano strettamente economico questa peculiare attività stagionale fu certamente una scelta obbligata dei nostri antenati, con lo scopo precipuo di sfruttare l’erba dei pascoli in quota e alimentare così gli animali per un quarto dell’anno, risparmiando prezioso foraggio per il successivo lungo inverno.

L’uso dei pascoli alti (in dialetto ladino la monti, al femminile), tutti di proprietà collettiva, era regolato da norme minuziose contenute nei "laudi”, gli statuti-regolamenti delle antiche comunità; essi contemplavano in linea di massima anche la diversa appetibilità e successione dei pascoli stessi, nonché le priorità riservate agli animali più importanti. Le vacche lattifere avevano naturalmente la precedenza; seguivano manze, vitelle, cavalli ed altro animale minuto. Stava poi al capo-pastore stabilire giorno dopo giorno la successione delle aree di pascolo (prandèri): dalle più vicine alle più lontane, dalle più precoci alle più tardive, dalle più soleggiate alle più ombrose, secondo una rotazione saggia e funzionale. Casàro, mandriani ed aiutanti vari provvedevano alle diversificate incombenze, secondo una gerarchia ed un “mansionario” complessi ed articolati. Il cuore della casèra era il tlei (<celarium - una specie di dispensa fresca a nord, dove venivano conservati i latticini, in attesa della periodica distribuzione). Nel tardo pomeriggio, al rientro, le vacche sostavano sul ciampèi, terreno più o meno erboso attiguo agli stalloni, in un festoso scampanio di sampògni e ciampanéli, prima di essere ricoverate per la mungitura ed il ristoratore riposo notturno.

Il rito della monticazione in Comélico è durato per un millennio e forse più. Fin dal XII secolo sono attestati atti notarili assai complessi e dettagliati relativi all’utilizzo collettivo dei prati alti da parte dei regolieri. Con la rituale transumanza di fine giugno i pastori-allevatori trasferivano gli animali grossi (buoi, vacche, manze, vitelle, cavalli) ed altri animali minuti (capre, pecore, maiali) dai prati bassi (che venivano chiusi per la fienagione con doppio sfalcio estivo) ai prati alti - la mónti. L’attività (muntié) iniziava tradizionalmente in corrispondenza con la festa della Natività di S. Giovanni Battista (24 giugno) e si concludeva (dismuntìé) con la festa di S. Michele (29 settembre).

Il sistema delle casère comeliane occupa generalmente i versanti meridionali ad una quota media di 1800-2000 metri; quasi un anello ideale che lega tra loro i vari pascoli alpini e segna in maniera forte ed incisiva l’industriosa presenza dell'uomo nel tempo passato; infatti l’alpeggio scandì per secoli l’esistenza, mai facile, delle operose genti di montagna. Mi pare opportuno sottolineare qui una peculiare caratteristica dell’antica identità, e cioè che questi uomini “liberi” non erano soggetti a prelievi o pedaggi di tipo feudale, come avveniva nelle vicine valli pusteresi poste sotto l’influenza e il controllo dei conti di Gorizia ad est o dei vescovi di Bressanone più a ovest. Pur limitato alla breve stagione estiva, e in molti casi ormai ridotto o estinto, l’alpeggio è ancor oggi testimoniato da “segni” e strutture che confermano l’antico e consolidato rapporto dell’uomo con il suo ambiente. A chi sappia leggerli rivelano una simbiosi quasi amorosa rivolta alla continua cura dei pascoli e sistemazione dei suoli mediante: spietramento e decespugliamento sistematico - reticolo di tratturi e mulattiere -, pozze artificiali per l’abbeveraggio - resti di grossi covoni di fieno {“mèdi”) -, recinti di sassi per il ricovero notturno degli animali (“mandri”) - stalloni ampi per un riparo migliore e permanente -; infine “casère” (denominazione usata nel Veneto orientale, da casearia-caseus), costruzioni dove si lavorano i prodotti del latte e trovano riparo i pastori. Nel costante divenire del tempo e della parabola socio-economica dell’uomo anche questo sistema è mutato, salvo estemporanee e lodevoli eccezioni. Eppure le antiche strutture casearie rimaste in piedi nel Comélico ancor oggi sono oltre una ventina, in prevalenza posizionate sui versanti solivi della Cresta Carnica.

Iniziamo ora una passeggiata ideale tra i manufatti della vallata del torrente Pàdola, in senso orario e cioè da occidente verso oriente. Di ogni casèra, e sono una decina in questa prima scorribanda, verranno via via forniti alcuni sommari cenni di carattere soprattutto ambientale, ma anche funzionale e storico, tenendo presente che su un piano più stretta-mente escursionistico ed esplorativo esistono già esaustive pubblicazioni. E le illustrazioni che accompagnano questa ricerca, più che indugiare sui manufatti malghivi dalla struttura sostanzialmente simile, consentiranno contemplazioni serene e stupori d’incanto legati alla visione delle pertinenze pascolive, comprese le pendici e i monti sovrastanti.

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CASERA DI CIAMPUBÓN (m 1941)

Eccola la interessante casèra di Ciampubón, come si prospetta dal ciglio dei prati di Vissàda, affacciata su un promontorio prativo che fa onore al suo nome: pascoli ottimi, assai estesi, aperti, gli antichissimi pascoli di Ampléto. In alto si staglia la Croda Nera:

un nome appropriato per queste rocce grige, bruno-violacee, nere, verdastre scisto/filladi-che, antichissime, tra le più vecchie d’Italia (circa 500 milioni d’anni). Ma tutta la cresta di confine del Comélico ha analoghe singolari caratteristiche, esaltate ed evidenziate ancor più dalle intercalazioni più eminenti dei candidi calcari di scogliera: queste nivee rocce devoniane emergono sul crinale, libere dal mantello scistoso dei sottostanti pendii, e si caratterizzano da est con il vistoso marmoreo Peralba, poi con i seghettati ed erosi Longerini contigui alla Pietra Bianca {Péra Biéncia); segue il massiccio fosco Palombino ed infine il bianco “vascello” del Cavallino; in complesso una sequenza di monti più giovani - si fa per dire - di... appena un centinaio di milioni d’anni rispetto all’antichissimo basamento sottostante! Viste da lontano queste cime spiccano per un evidente e visibile candore, ma a distanza più ravvicinata si differenziano in una mutevole tavolozza di bianchi, grigi, rosati, rossi, mandorlati, giallastri.

La casèra, in posizione assai panoramica, benché ristrutturata di recente, sembrava avviata - come tante altre - ad un progressivo abbandono. Ora invece numerose bovine di provenienza friulana ripopolano d’estate queste zone, proseguendo l’antica attività di pascolo. Gli stabili appartengono ai regolieri di Costalissoio. Sarebbe auspicabile, perché no?, un valido utilizzo alternativo, in funzione didattico/naturalistico/ambientale, come suggeriscono la collocazione e l’esposizione ottimali. Vi passa davanti la -strada delle malghe-, un tempo raccordo per mandrie e greggi, ora passeggiata agevole in quota, con visioni eccelse, assai frequentata anche dagli amanti della mountain-bike.

Da questo punto panoramico sarà opportuna una sosta per una ricognizione visiva. Volgendo lo sguardo a meridione ecco la prospettiva offerta: in basso l’estesa Val Montina, appetita da ricchi branchi di cervi, che si allunga verso l’ampio catino di Visdende; sullo sfondo le Terze ed altri monti cadorini in lontananza, magiche suggestioni frastagliate ed azzurrine; appena più a est ecco la complessa elegantissima catena del Rinaldo con i suoi numerosi campanili e torrioni. Ma ecco di fronte, sul lato opposto del largo e profondo impluvio, delinearsi chiaramente la larga mulattiera che porta alla successiva casèra Manzón.

Achille Carbogno