Curiosità storica.

Nasce nel maggio del 1952 il primo numero del mensile "IL COMELICO" con la direzione di A. Pellizzaroli.
Nell'articolo di presentazione: L'idea di formare questo giornale nacque una sera. Una di quelle sere d'inverno lunghe e fredde, in un caffé del centro  tra alcuni amici, centellinando un buon bicchiere di vino, di quello "Verona" buono, che ti fa fare il bis e anche il tris, dopo i quali inizia un lungo colloquio che cominciando con i problemi del capoluogo va a finire su tutti quelli dell'intera Vallata.
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direzione e amministrazione - via S.Candido- S.Stefano di Cadore
prezzo £. 35

Anno 2  n.2 gennaio 1953       pillole -appunti-storia dal mensile "IL COMELICO"

 

Le Regole del Cadore

Napoleone Le Regole - I Comuni

 

«Viveva il Cadore - scrive il Fabbiani - da quasi 400 anni sotto le ali protettrici del leone veneto quando in Francia scoppiò la rivoluzione. Nessun effetto ebbe il rivolgimento politico francese e nessuna preoccupazione potevano avere le personalità cadorine del tempo per le nuove idee che la rivoluzione agitava... perchè il Cadore viveva da secoli in libertà, uguaglianza e fratellanza, che i Dogi avevano sempre rispettato e i francesi, che vi fossero capitati, non avrebbero avuto che da confermare l’esistente e da meravigliarsi, anzi, che un ordinamento così democratico sussistesse in terra tanto remota».

Ai primi di ottobre del 1796 un corpo d'esercito tedesco invade il Cadore, diretto a Bassano. Ma è battuto e si ritira verso il Tagliamento. I soldati che risalgono il Piave sono al comando del Generale Lusignan. Li insegue il Generale Massena e li batte al «Pian delle Forche » (Polpet) e li insegue fino a Perarolo, ove i francesi arrivano il 15 marzo 1797.

Il 13 maggio a Pieve giunge un reparto di soldati. Il 17 il Consiglio Cadorino delibera di rendere omaggio al Gen. Dalmas a Belluno. Il 27 per ordine dello stesso il Cadore viene diviso in 6 cantoni: Pieve, Lozzo, Campitello, Vodo, Selva e Forni. Ogni cantone avrà una Municipalità. A Pieve risiederà un Consiglio della Municipalità Centrale.

Il 10 novembre vien pubblicato a Pieve il trattato di Campoformio.

Nel gennaio del 1798 se ne vanno i francesi e giungono gli austriaci. In data 6 febbraio il Gen. Wallis emette un editto con cui viene ripristinato l’antico ordinamento (i Centenari Cadorini). Il Cadore però sarà aggregato alla provincia di Belluno.

Il 13 febbraio I801 i francesi sono nuovamente in Cadore. Il 5 aprile dello stesso anno tornano gli austriaci.

Il 26 luglio 1801 giunge a Venezia l'arciduca Giuseppe con l'incarico di organizzare le provincie venete.

Il Consiglio Cadorino invia allo stesso una supplica « ... mosso dalla necessità della conservazione dei propri privilegi, dai quali dipende la felicità non solo ma la sussistenza di questa popolazione.... e per rassegnarle il quadro esatto della costituzione e dei privilegi di questo paese costantemente mantenuti dal decesso veneto governo.... supplicando di doverli confermare e di voler in ordine ai medesimi ed al sempre praticato sino all' epoca 1796 sciogliere ed accettare li nostri corpi pubblici dal vincolo dell'ora comandata dipendenza nelle disposizioni dei propri beni, già riconosciuti e dichiarati per propri ed *allodiali dai speziosi decreti del governo veneto e similmente nell'agitare e difendere i propri diritti che da essi discendono giusta ('anticamente praticato... che siano confermate le deposizioni anteriori all'epoca 1796 come fondate sopra le statutarie leggi nostre ».

Col trattato di Presburgo, l'Austria dovette cedere alla Francia le provincie venete. Così il Cadore il 20 novembre 1805 torna sotto il dominio francese. Con decreto del 25 aprile 1806 il Veneto venne diviso in provincie. Il Cadore con Belluno e Feltre formò quella di Belluno.

Si riunisce a Pieve il Consiglio Cadorino, il quale delibera: «di far presenti all' A. S. il Viceré.... l'antichissima costituzione, privilegi e concessioni accordati agli abitanti di questo montano distretto dalli Patriarchi d'Aquileia e dal Veneto Governo che lo dominarono.... di voler confermare a questa popolazione quei privilegi e concessioni che dalli mentovati Patriarchi e Veneto Dominio furono accordati in conoscenza della naturale sterilità di questi alpestri fondi e della notoria miseria del paese».

  

Napoleone, le Regole, i Comuni.

 

Poi delibera ancora: «di mantenere e preservare la costituzione e la libertà del Cadore assieme all'allodialità di suoi monti, pascoli e boschi da cui ritraggono gli abitanti la loro principale sussitenza”.

Nell'aprile del 1606 Napoleone riceve i Cadorini. Il Dott. Jacobi legge alla sua presenza un indirizzo che fra l'altro diceva: « che gli allodi delle Comuni, ente principale della sussistenza, andrebbero a perdersi senza provveder alle naturali esigenze se non fossero amministrati in una comunione patriarcale... che questa comunione non potrebbe agevolmente conciliare senza la sussistenza della costituzione comunale derivando da questa l’unione, la fratellanza e l'interesse comune per vincere gli ostacoli e ritrarre i possibili vantaggi della sterilità di alpestri scoscesi monti collocati fra ghiacciai perpetui ».

Poco prima, il 30 marzo 1806 lo stesso Napoleone creava 12 ducati tra i quali il Cadore.

Cessava col nuovo ordinamento d'aver vigore lo statuto cadorino. Contemporaneamente veniva modificata l'amministrazione provinciale. Il Cadore fa parte del dipartimento del Piave con capitale Belluno. II Cadore formava un distretto e veniva diviso in Cantoni di Pieve ed Auronzo. Ogni Cantone era diviso in più Comuni e questi in frazioni.

Da questo momento si andrà riformando l'amministrazione cadorina, ormai fossilizzata nei secoli.

Così le vecchie, gloriose regole venivano a costituire i naturali presupposti sia trasformandosi senz'altro in Comune (come accadde per Danta e Lozzo) sia trasformandosi in Frazioni di Comune quando questo abbracciò più regole.

E il nuovo Comune, ente morale, territoriale, politico, amministrativo, per riflesso della legge Napoleonica del 25 novembre 1806 (sebbene dichiarata inapplicabile in Cadore) assunse tuttavia, di fatto, in amministrazione i beni posseduti dalle Regole.

I Centenari, organi di decentramento amministrativo dello Stato cadorino sparirono con la soppressione di questo.

L'ordinamento napoleonico, con lievi modificazioni (le Regole Ampezzzane assurgono a persona giuridica, espressamente riconosciuta dal Codice Civile Austriaco art. 26 e la legge speciale par. 32 lett. D. dell’ordinanza 31 ottobre 1857, a norma della sovrana patente 5 luglio 1853) fu conservato dall'amministrazione austriaca e passò poi nel 1866 nel Regno d'Italia.

Il Comune nascendo non ha fatto che riunire sotto un'unica amministrazione i beni di proprietà delle rispettive Regole, conservando però rigorosamente (è il Doriguzzi che lo rileva) tutti i diritti acquisiti dai regolieri.

Mai il Comune in 14 decenni di amministrazione ha compiuto un atto contrario alla storia, alla tradizione, agli statuti del Cadore, ai Laudi delle Regole.

Nella sostanza il Comune si è bensì sostituito di fatto alle Regole, ma è rimasto ligio alla tradizione.

Non solo, ma i Sindaci e i Consigli Comunali, tutte le volte che i governi, succedutisi in Cadore, hanno tentato di modificare a favore della generalità degli abitanti, l'ordinamento secolare, sono insorti vivacemente per tutelare e difendere il patrimonio spirituale e materiale trasmessoci attraverso enormi sacrifici dalle generazioni passate.

(Vedi ad esempio l'esposto del Sindaco di Santo Stefano in data 4 gennaio 1812 al Vice Prefetto del Cadore contro il decreto 27 maggio 1811 e la importante deliberazione dello stesso Comune in data 24 maggio 1879, cui fecero seguito altre proteste degli altri Comuni del Comelico avverso la legge forestale 1877).

La Legge Fascista sugli Usi Civici.

 

Le idee e i sentimenti individuali e collettivi possono avere irresistibile energia suggestiva, propulsiva e rivoluzionaria, ma soltanto allorché si oppongono ad altre idee e sentimenti, non quando urtino l'invincibile forza d'inerzia della necessità e dell’esperienza, contro l'autorità di quei fallì che prevale su ogni concezione soggettiva.

In questo campo di lotta quelle idee e quei sentimenti potranno imporre la riforma di qualche parte della costituzione tradizionale, non mai la soppressione di essa o la sua completa sostituzione.

Le Regole Cadorine sono uno di questi fatti, parto genuino della necessità e dell’esperienza.

Inutilmente, come abbiamo visto, leggi passate e recenti hanno cozzato contro questo istituto basato sulla consuetudine millenaria, perchè infrante da una imprescindibile necessità che si concreta nella funzione integrativa della piccola proprietà privata montana.

Gli ideatori del Decreto Legislativo (benché imperfetto) del 3 maggio 1948 n. 1104 hanno saputo cogliere nel segno l’essenza dell’alta funzione economico-sociale di questi beni di proprietà collettiva, sviscerando «con sapiente adattamento alle esigenze moderne» quanto era sufficiente per non ledere da un lato gli interessi dei Regolieri e dall'altro gli imprescindibili bisogni dell’Ente Comune.

Raccogliendo le conclusioni che discendono dall’analisi storico-giuridica da noi fatta negli articoli precedenti, balza evidente il contrasto tra questa realtà storico-giuridica e la legge fascista del maggio 1928, interpretativa della stessa, che ignorando la particolare origine e struttura della proprietà regoliera del Cadore, misconosceva gli aspetti particolari, economici e giuridici delle Regole, confondendole, scientemente o no, con i beni demaniali di uso civico e le aveva private del diritto della gestione regoliera, affidandone la gestione stessa ai Comuni o alle Frazioni a mezzo di un Commissario Prefettizio, infrangendo, come abbiamo detto, un diritto basato sulla consuetudine millenaria, aprendo l’uso delle terre di proprietà collettiva dei soli originari a tutti i cittadini, senza limite di numero, utilizzandole secondo il diritto amministrativo a profitto dei Comuni senza tener conto delle necessità di conservazione e di miglioramento dei pascoli e dei boschi, includendoli così tra i beni demaniali.

Ma c'è di più. La legge sugli Usi Civici, non tenendo conto della realtà storica e giuridica dei consorzi o comunioni familiari del Cadore, con una unificazione legislativa, che generalizzava situazioni caratteristiche dell'ordinamento fondiario del Mezzogiorno, poneva in chiaro l’assoluto contrasto tra le condizioni richiesto dalla dottrina per l'esigenza dell'Uso Civico e la proprietà degli stessi consorzi familiari.

Questi consorzi o comunioni, detti anche consorterie. Società di antichi originari e più comunemente, in Cadore, Regole, non possono assolutamente confondersi con gli Usi Civici.

Esse, Regole, hanno una propria origine, una propria struttura e quindi debbono essere oggetto di una distinta valutazione, di una disciplina giuridica corrispondente a quella origine e a quella struttura.

Per meglio convincersi dell'inapplicabilità della legge sugli Usi Civici alla fattispecie del Cadore, sarebbe opportuno procedere ad una ulteriore valutazione del fenomeno considerando anche i suoi aspetti etnici ed economici.

 

Non è compito nostro, però, questo, essendoci riproposti fin dall'inizio di sviscerare gli aspetti storici e giuridici. Rimandiamo comunque alla pubblicazione del Dr. Doriguzzi: «La proprietà Regoliera nel Cadore - Aspetti sociali, economici e tecnici».

Se le condizioni per l’esistenza **dell’Uso Civico sono : una proprietà pubblica e demaniale; una corporazione pubblica territoriale; un vincolo giuridico di natura amministrativa (Aliquò - Uso Civico di Caccia), nella specie, invece, si tratta di una proprietà comune ed ereditaria di consorzi familiari. (Le Regole non possono confondersi con le corporazioni pubbliche territoriali).

Caratteristica della proprietà regoliera non è la demanialità, ma Uso Civico.

E se per demaniale si intende ogni immobile, la cui proprietà o godimento sono necessari a un Ente Pubblico Territoriale per l’esercizio di una funzione esclusiva (Guicciardi), nella specie non esiste che un patrimonio comune necessario al consorzio regoliero.

«La proprietà collettiva, mentre impedisce due fenomeni patologici del suolo, cioè il frazionamento eccessivo e il latifondo, presenta tutti i pregi della proprietà demaniale senza averne i difetti (Valenti) ». Interessa i contadini alla conservazione e al miglioramento dei beni... dà una base economica alla famiglia; ferma il lavoratore alla terra e ne sconsiglia l’emigrazione... contribuisce a mantenere fra gli uomini una più giusta eguaglianza, condizione indispensabile ad uno stabile assetto della democrazia.

Con ciò si spiega, come abbiamo visto, per quanto riguarda il Cadore, come il Senato Veneto, il Regno Italico, l’Austria, la Legislazione Forestale Italiana (la legge forestale 30 dicembre 1923, n. 3267, premessa la distinzione tra diritti di uso nei boschi e domini collettivi di associazioni, partecipanze, vicinie, regole, attribuisce | facoltà di erigersi in Aziende Speciali, di amministrarsi a mezzo delle proprie assemblee e regolarsi in conformità dei propri statuti), rispettassero e conservassero la proprietà regoliera quale espressione di una economia essenzialmente agricola e familiare.

 

Ovidio Menegus 

*allodiali:

Allodio

Il termine allodio era utilizzato nel Medioevo per indicare i beni e le terre possedute in piena proprietà, in opposizione ai termini feudo o "beneficio", con i quali si indicavano invece i beni ricevuti in concessione da un signore dietro prestazione di un giuramento di fedeltà. Wikipedia

**Uso Civico: L'uso civico è un diritto di godimento collettivo che si concreta, su beni immobili, in varie forme, spettanti ai membri di una comunità, su terreni di proprietà pubblica o di privati. Wikipedia